Una mossa sconcertante

Il temerario ritiro da parte del dr. Martinoli dell’iniziativa per cure mediche e ospedaliere di prossimità

da Voce di Blenio N°4 – Aprile 2023

È delle scorse settimane la notizia dell’azzardata fuga in avanti del dottor Sebastiano Martinoli, che, dall’alto della posizione di primo firmatario dell’iniziativa popolare legislativa “Per cure mediche e ospedaliere di prossimità”, ha creduto opportuno inviare una lettera al Consiglio di Stato nella quale dichiara di ritirare la stessa; certo “a precise condizioni” ha dichiarato il medico bleniese, condizioni però (le vedremo sotto) che forse andranno bene al dottor Martinoli e allo speciale gruppo di lavoro misto istituito nel 2021 dal Governo cantonale, ma di certo non agli iniziativisti. E, peggio ancora, tutto questo ancora prima che il Gran Consiglio terminasse l’esame e la discussione in merito.

È vero, la legge in vigore nel 2017, momento nel quale l’iniziativa venne lanciata, purtroppo prevedeva questa opportunità (legge modificata finalmente nel novembre 2018 e che ora invece richiede la maggioranza assoluta dei promotori), ciò non toglie che l’azione intrapresa da Martinoli sia sconsiderata e irrispettosa nei confronti dell’Associazione per gli ospedali di valle, che l’aveva lanciata a seguito della battaglia “Giù le mani dagli ospedali” condotta tempo prima (va detto) dal MPS, e degli oltre 14’000 ticinesi che con la loro firma hanno dato fiducia agli iniziativisti.

E per dovere di cronaca va pure sottolineato anche che non è Sebastiano Martinoli il padre di questa iniziativa, ma che in verità il comitato iniziativista lo aveva proposto quale primo firmatario per la sua reputazione di medico autorevole. Pertanto, anche se Martinoli poteva ritirare autonomamente l’iniziativa poiché la precedente legge sui diritti politici gliene dava facoltà, ciò non toglie che a livello politico quanto intrapreso dal medico bleniese è un atto sostanzialmente antidemocratico, oltre che umanamente riprorevole.

Era da un po’ di tempo in effetti che Martinoli spingeva nella direzione di un ritiro dell’iniziativa (ci si chiede a che pro), in netto contrasto con l’assemblea che si era già espressa per ben due volte, ribadendo chiaramente in entrambi i casi che l’iniziativa non andava assolutamente ritirata allo stato attuale delle cose, per nessun motivo. A sua difesa però il dottor Martinoli invoca, “per rispetto dei 30 promotori” (tre nel frattempo sono deceduti), di aver sondato il parere degli stessi (fra i quali il sottoscritto) attraverso un giro di mail e di telefonate e di aver raccolto pieno sostegno da almeno 18 di questi.

A parte il fatto che stiamo parlando di un’iniziativa popolare legislativa, non di un sondaggio fra amici per decidere l’annullamento di una ventilata gita di gruppo, e che questo tipo di discussione va fatto all’interno di un organo formale con tanto di votazione trasparente e verbale ufficiale, in realtà però il sottoscritto di questi famosi messaggi di sostegno alla pensata di Martinoli ne ha visto a malapena uno, mentre di quelli contrari ben più degli otto da lui dichiarati (per chi avanzasse dei dubbi in merito ho conservato tutte le mail).  

Certo, non va dimenticato che Sebastiano Martinoli è stato chiamato a operare nello speciale gruppo di lavoro misto citato nelle prime righe di questo scritto, voluto appunto dal Governo per superare l’impasse venutasi a creare a seguito della richiesta contenuta nell’iniziativa, ovvero assicurare in entrambi gli ospedali leventinese e bleniese dei servizi di pronto soccorso 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. E qui sta il nodo delle “precise condizioni” che non vanno assolutamente a genio agli iniziativisti. Infatti la soluzione di compromesso individuata, propone sì un servizio notturno, però (e questo è il punto fondamentale) non come pronto o primo soccorso classici, ma di semplice “accoglienza e valutazione”, facendo capo al medico presente nel nosocomio o al picchetto medico presente sul territorio. Soluzione assolutamente insoddisfacente secondo l’assemblea dell’Associazione per gli ospedali di valle. Per tacere poi del fatto che, dal momento che il Diavolo si nasconde nei dettagli, oltre a non soddisfare le richieste contenute nell’iniziativa del 2017, questa “soluzione” a breve finirebbe per presentare delle criticità importanti che rischierebbero di rimettere di nuovo alle strette gli ospedali di valle per poi arrivare, secondo la tecnica del salame, finalmente alla chiusura dello stesso “servizio di accoglienza e valutazione”, se non dei nosocomi stessi.

A questo punto ne deduco che, probabilmente a causa di forti pressioni politiche alle quali Martinoli potrebbe essere stato confrontato in questi mesi, il medico bleniese ha deciso di andare oltre i suoi compiti, inoltrando al Consiglio di Stato  l’improvvida missiva per il ritiro dell’iniziativa popolare legislativa “Per cure mediche e ospedaliere di prossimità”, mandando così a carte quarantotto il lavoro del comitato iniziativista e il volere delle 14’000 persone che quell’iniziativa l’avevano firmata.

Davide Buzzi
Membro del Comitato promotore dell’iniziativa “Per cure mediche e ospedaliere di prossimità”.

Con il ritiro dell’iniziativa popolare legislativa “Per cure mediche e ospedaliere di prossimità”, il dr. Martinoli condanna l’Ospedale Bleniese di Acquarossa a morte certa!

Il dopo COVID-19 per la sanità in Ticino

Che lezione di umiltà da una “neanche bestiolina” chiamata SARS-cov-2! Teniamone conto fra poco quando si riparlerà di pianificazione ospedaliera e anche della nostra iniziativa tutt’ora sul tavolo del Cds

di Prof. Dr. Sebastiano Martinoli, primo firmatario Iniziativa per cure mediche e ospedaliere di prossimità e di Tiziana Mona Presidente Associazione per gli Ospedali di valle.
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Più che scontato che la pandemia ci ha abbia fatto pensare, temere, sperare nel sistema sanitario e che già ora ci possa far riflettere ed evocare scenari possibili per il futuro. Nella sua analisi di alcuni giorni fa Roberto Antonini, scrive del Covid-19 e del sisma conseguente che ha mostrato tutte le insufficienze strutturali del sistema sanitario a livello mondiale. Per giungere a constatare che uno dei problemi evidenziatosi nel nostro paese è quello della scarsità di personale sanitario formato qui da noi (e a nostre spese) e ad importarlo a costo zero. Quale Associazione per gli ospedali di valle con la nostra Iniziativa per cure mediche e ospedaliere di prossimità lanciata con successo nel 2017 già toccavamo proprio uno di questi temi, in particolare la formazione dei medici di famiglia. Più di 14’000 firme raccolte per chiedere: cure di base eque su tutto il territorio cantonale, la promozione della medicina di famiglia e la formazione di medici di famiglia, segnatamente negli ospedali di zona (o situati nelle regioni considerate discoste), la creazione in questi ospedali in centri di competenza nell’ambito delle cure stazionarie e ambulatoriali, della geriatria, delle cure palliative e della riabilitazione. L’iniziativa con il suo approccio propositivo partiva dalla considerazione che era/è necessaria una definizione della politica sanitaria cantonale che tenga conto dei bisogni di tutta la popolazione indipendentemente dal luogo di residenza e che si stacchi dall’imperativo della centralizzazione ad oltranza. Se al momento del lancio dell’iniziativa non abbiamo incluso anche la proposta di promuovere la formazione di infermieri e infermiere è perché ne era già stata inoltrata poco prima una federale in merito (sarà in discussione in Parlamento in autunno è c’è da sperare che dopo la dimostrazione di abnegazione data durante la crisi al personale sanitario non vengano riservati solo applausi). D’altro canto le esperienze fatte durante i mesi dominati dal Covid19 ci dimostrano che la nostra idea di ospedali periferici indispensabili in un sistema equo ed efficace contenuta nella formulazione “cure mediche di prossimità” torna d’attualità. L’EOC si è salvato nella crisi Covid-19 perché ha potuto operare con la sua struttura multi-sito e non si è trasformato nel “super ospedale cantonale” centralizzato voluto alcuni anni fa. Per esempio l’Ospedale di Faido nella fase epidemiologica più attiva con la sua riserva di posti letto e personale (che pochi anni fa si volevano tagliare completamente) ha permesso ai reparti dei due ospedali Covid-19, la Carità di Locarno e la Clinica Moncucco di respirare. Infatti tutto l’ospedale di Faido era stato definito di livello 3-4 per pazienti Covid-19 positivi, quindi pazienti in fase sub-acuta da malattia da coronavirus. Ora si sta tornando all’organizzazione di prima con riabilitazione e medicina di base e da parte nostra, che da sempre ci battiamo per il suo mantenimento, possiamo contare sulla positiva esperienza fatta in un momento di estrema e forse eccezionale gravità ma che, nessuno ci può garantire, non potrebbe ripresentarsi. Per affrontare il Covid-19 abbiamo visto cardiologi, reumatologi, chirurghi, specialisti vari e geriatri tutti a doversi riconvertire e ad operare come internisti generali e infettivologi a curare i pazienti. Un bel ripasso di medicina interna generale ! La medicina spinta nell’estrema specializzazione non salva vite. L’epidemia ha aiutato a capire che si devono avere strutture multiple, flessibili, polivalenti e rapidamente ri-convertibili nella loro funzione (che sia acuta, riabilitativa o palliativa). Vale anche per i medici e gli infermieri (anestesisti che sono andati in cure intense, ecc.). Non c’è spazio per un enorme, unico, mastodontico, super-specialistico, esclusivo ospedale cantonale (per di più carissimo). Gli economisti dicono che oltre i 400 letti le strutture ospedaliere anche senza pazienti (sic) lavorano al 100%! (ripiegate su sé stesse con un sacco di servizi, prestazioni, analisi inutili e costosi). La medicina deve essere a largo spettro e di prossimità, manteniamo quindi anche i piccoli ospedali decentrati. Lo stesso vale per la formazione di operatori e operatrici sanitari per delle cure di prossimità.
Abbiamo avuto una lezione di umiltà da una “neanche bestiolina” chiamata SARS-cov-2 . Sarà indispensabile che se ne tenga conto fra poco quando si riparlerà di pianificazione ospedaliera e anche della nostra iniziativa tutt’ora sul tavolo del Consiglio di Stato.

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Di famiglia, ma sempre meno

La penuria di medici di base in Svizzera. Fra proiezioni preoccupanti e proposte per la valorizzazione della categoria

di RSI – Alex Ricordi/Fabio Salmina

Non è certo una vita facile, quella dei medici di famiglia. Fra continue sollecitazioni, picchetti e margini ridotti per ferie e riposo, l’attività implica ritmi di lavoro particolarmente impegnativi. Gli stessi che certamente incidono sulla disponibilità, da parte delle giovani leve, a intraprendere questo percorso professionale. E intanto, a fronte di crescenti necessità sul territorio, la penuria di medici generalisti continua a farsi sentire. (…)

Alex Ricordi

Per continuare a leggere:
https://www.rsi.ch/news/oltre-la-news/Di-famiglia-ma-sempre-meno-9828661.html
Articolo corredato da filmato!

Il dottor Alberto Chiesa è delegato regionale della SSGIM
Il dottor Alberto Chiesa è delegato regionale della SSGIM(rsi)

Nuovi ambulatori specialistici a Faido

L’opinione di  Rossano Solèr, Dr. med.*

In riferimento all’articolo “Dal dottore in valle”, apparso su
La Regione del 28.06.2017 a  pag 9.

Iniziative come quella descritta (creazione di un ambulatorio pediatrico e di 4 ambulatori
specialistici a Faido), seppur lodevoli per quel che concerne l’ambulatorio pediatrico, non
possono essere considerate una vera risposta alla mancanza di medici di famiglia nelle zone
periferiche, come traspare velatamente dall’articolo.
A noi medici di famiglia la presenza sul territorio di un pediatra 1/2 giornata/settimana aiuta
poco, dovremo sempre essere disponibili le altre 4 ½ giornate.
Mi lascia però perplesso la prevista futura creazione di 4 nuovi ambulatori specialistici
(ginecologia, radiologia, chirurgia, ortopedia) che di fatto da decenni già esistono e
funzionano a 200 metri di distanza presso l’ospedale di Faido dove settimanalmente sono
operativi consulenti delle stesse specialità. Spero solo che la presenza di questi doppioni non
portino in futuro ad un ulteriore smantellamento delle prestazioni dell’ospedale di Faido
(vista la vicina alternativa privata…).
Segnalo inoltre che nè il pediatra, nè gli specialisti consulenti partecipano al picchetto
medico e in media-alta Leventina tra meno di due anni rimarrà per questo servizio un solo
medico disponibile (tutti gli altri avranno più di 60 anni).
Per il futuro della medicina di base in Leventina (e non solo) non serve creare ambulatori
specialistici ma bisognerebbe favorire l’insediamento di generalisti ben formati, che possano
partecipare al servizio di picchetto e che abbiano possibilmente assolto parte della
formazione anche in ospedali periferici come quello di Faido in modo da essere
sufficientemente abituati a “lavorare con meno tecnologia” e più esperienza clinica.

*Dr. Rossano Solèr, Medicina Interna Generale FMH, Faido

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OSPEDALI DI VALLE: davvero c’è già tutto ?

L’opinione di Sebastiano Martinoli*

L’iniziativa popolare per cure mediche e ospedaliere di prossimità è stata plebiscitata con 14000 firme dai ticinesi. Il consigliere di stato e capo del DSS ha commentato dicendo che essa chiedeva qualcosa che in sostanza già era contenuto nella pianificazione accettata il 15 dicembre dal Gran Consiglio. Davvero?  E come la mettiamo con il tentativo di togliere la geriatria ad Acquarossa ? E che risposta dare alla mozione di Franco Celio, De Rosa e altri che chiedevano con giusto senso di opportunità gestionale che a Faido si affiancassero ai  letti acuti anche dei letti acuti di minor intensità, che non sono stati concessi ?
Il  presidente dell’EOC nella presentazione dei  risultati  del 2016 manda dei fiori alla cooperazione pubblico-privato che presto   dovrebbe essere facilitata da una versione light  dei corrispondenti articoli della LEOC. Con astuzia esemplifica con l’altrimenti impossibilitata cooperazione con la Fondazione Casa Anziani di Acquarossa per costruire il nuovo ospedale. Davvero ? Da quando in qua  è necessaria una legge di cooperazione tra pubblico e privato per accettare l’offerta gratuita della messa a disposizione di un terreno  da parte della Fondazione per costruirvi  un ospedale ?  Soprattutto sapendo che già adesso Casa per Anziani e Ospedale di Acquarossa hanno in comune non pochi servizi  (cucina, lavanderia ecc).  A me sembra che Sanvido sventoli qualcosa che si colora di ricatto: state bravi bleniesi, altrimenti non vi costruisco l’ospedale nuovo. Non posso dimenticare il progetto di pianificazione presentato nell’aprile 2014  dal DSS in combutta con l’EOC. Esso non aveva nemmeno permesso agli ospedali periferici di Faido, Acquarossa e Castelrotto di presentare la loro candidatura per ricevere mandati nell’ambito della pianificazione ospedaliera, poi modificata dal Gran Consiglio. Si trattava di un progetto che voleva eliminare i sevizi di pronto soccorso e  la possibilità di ospedalizzazioni acute nei tre ospedali. Agli ospedali periferici fu messa la museruola!  Forse mi sbaglio ma mi sembra che l’iniziativa riuscita ha toccato un nervo scoperto al binomio DSS-EOC e temo che entrambi si agiteranno per annientarne le rivendicazioni moderne ,  sensate e consone con la volontà di potenziare la medicina di base e di prossimità  espressa dal popolo svizzero nel 2014.

*Chirurgo

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Corriere del Ticino, 01.06.2017 – Pg. 37

PER CURE MEDICHE E OSPEDALIERE DI PROSSIMITÀ

Il Circolo medico Tre Valli, invita a sottoscrivere l’iniziativa per cure mediche ed ospedaliere di prossimità

di Moreno Guidicelli*

Il 1.4.2017 è stata lanciata la raccolta delle firme per l’iniziativa per cure mediche ed ospedaliere di prossimità. Si tratta di un’iniziativa legislativa generica che in sostanza vuole vincolare nella legge la presenza negli ospedali di zona di un Pronto Soccorso (di tipo B, cioè che non richiede la presenza di un servizio di chirurgia nè di cure intense), aperto 24h/24 e 7/7 giorni, nonchè di cure stazionarie acute (per la medicina interna e per la geriatria) con conseguente adeguata presenza di personale medico-sanitario. L’iniziativa si riallaccia all’articolo 117a della Costituzione federale per la promozione della medicina di base e di famiglia, plebiscitato il 18.5.2014 sia a livello ticinese che svizzero, articolo che finora non ha avuto nessun riscontro pratico in Ticino.

A scanso di equivoci, è importante sottolineare che l’iniziativa non vuole riportare la chirurgia negli Ospedali di Faido o di Acquarossa, nè tantomeno è contraria ad un Ospedale Cantonale universitario dove mettere sotto un unico tetto la medicina e la chirurgia di punta, che rappresentano tuttavia ca.il 10% della casistica. E’ infatti provato che in caso di patologie rare la concentrazione apporta un beneficio sia a livello di prognosi (maggiore expertise dei medici) sia a livello economico. D’altro lato, va pure sottolineato che un ospedale altamente specialistico non dovrebbe occuparsi di patologie “di routine” perchè ciò rappresenterebbe un uso poco appropriato di tempo e di risorse (Prof. Hoppeler, Bollettino dei medici svizzeri 2014; 95:39).

È importante ribadire che gli ospedali di zona offrono un servizio indispensabile e complementare ai medici attivi sul territorio delle Tre Valli, dove si calcola una densità di 1 medico per 720 abitanti, mentre a livello ticinese si ha un rapporto di 1:250. Inoltre, mediante l’iniziativa si vogliono garantire posti di formazione per medici di base, in un periodo dove c’è carenza di professionisti e dove manca il fisiologico ricambio generazionale della classe medica. Tale compito formativo rappresenta pure un’opportunità di “agganciare” i medici in formazione sul nostro territorio.

Negli ospedali di zona si pratica una medicina di ottimo livello pur avendo a disposizione meno mezzi diagnostici rispetto ad un ospedale regionale. Nella medicina si parla sempre più di “choosing wisely” cioè di scegliere in modo ponderato le opzioni diagnostiche che comportino delle conseguenze terapeutiche con un beneficio reale al paziente. Gli ospedali di Acquarossa e di Faido, a giusta ragione,  possono ritenersi dei pionieri in questo ambito che permette di ridurre la spesa sanitaria, fatto che si riflette in un risparmio di ca. 1/3 sui costi di degenza, pur mantenendo una medicina di qualità.

Inoltre va tenuta presente l’importante funzione di “triage” dei pazienti che necessitano effettivamente di un trasferimento all’Ospedale regionale di riferimento, permettendo di non sovraccaricare ulteriormente i servizi del nosocomio maggiore.

Questi sono alcuni degli argomenti per i quali vi invitiamo, pure come Circolo medico Tre Valli, a sottoscrivere l’iniziativa per cure mediche ed ospedaliere di prossimità, il cui testo è scaricabile alla pagina ospedalidivalle/form.

* Presidente del Circolo medico Tre Valli.

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  • Apparso sul Corriere del Ticino di mercoledì 10 maggio 2013.