Il dopo COVID-19 per la sanità in Ticino

Che lezione di umiltà da una “neanche bestiolina” chiamata SARS-cov-2! Teniamone conto fra poco quando si riparlerà di pianificazione ospedaliera e anche della nostra iniziativa tutt’ora sul tavolo del Cds

di Prof. Dr. Sebastiano Martinoli, primo firmatario Iniziativa per cure mediche e ospedaliere di prossimità e di Tiziana Mona Presidente Associazione per gli Ospedali di valle.
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Più che scontato che la pandemia ci ha abbia fatto pensare, temere, sperare nel sistema sanitario e che già ora ci possa far riflettere ed evocare scenari possibili per il futuro. Nella sua analisi di alcuni giorni fa Roberto Antonini, scrive del Covid-19 e del sisma conseguente che ha mostrato tutte le insufficienze strutturali del sistema sanitario a livello mondiale. Per giungere a constatare che uno dei problemi evidenziatosi nel nostro paese è quello della scarsità di personale sanitario formato qui da noi (e a nostre spese) e ad importarlo a costo zero. Quale Associazione per gli ospedali di valle con la nostra Iniziativa per cure mediche e ospedaliere di prossimità lanciata con successo nel 2017 già toccavamo proprio uno di questi temi, in particolare la formazione dei medici di famiglia. Più di 14’000 firme raccolte per chiedere: cure di base eque su tutto il territorio cantonale, la promozione della medicina di famiglia e la formazione di medici di famiglia, segnatamente negli ospedali di zona (o situati nelle regioni considerate discoste), la creazione in questi ospedali in centri di competenza nell’ambito delle cure stazionarie e ambulatoriali, della geriatria, delle cure palliative e della riabilitazione. L’iniziativa con il suo approccio propositivo partiva dalla considerazione che era/è necessaria una definizione della politica sanitaria cantonale che tenga conto dei bisogni di tutta la popolazione indipendentemente dal luogo di residenza e che si stacchi dall’imperativo della centralizzazione ad oltranza. Se al momento del lancio dell’iniziativa non abbiamo incluso anche la proposta di promuovere la formazione di infermieri e infermiere è perché ne era già stata inoltrata poco prima una federale in merito (sarà in discussione in Parlamento in autunno è c’è da sperare che dopo la dimostrazione di abnegazione data durante la crisi al personale sanitario non vengano riservati solo applausi). D’altro canto le esperienze fatte durante i mesi dominati dal Covid19 ci dimostrano che la nostra idea di ospedali periferici indispensabili in un sistema equo ed efficace contenuta nella formulazione “cure mediche di prossimità” torna d’attualità. L’EOC si è salvato nella crisi Covid-19 perché ha potuto operare con la sua struttura multi-sito e non si è trasformato nel “super ospedale cantonale” centralizzato voluto alcuni anni fa. Per esempio l’Ospedale di Faido nella fase epidemiologica più attiva con la sua riserva di posti letto e personale (che pochi anni fa si volevano tagliare completamente) ha permesso ai reparti dei due ospedali Covid-19, la Carità di Locarno e la Clinica Moncucco di respirare. Infatti tutto l’ospedale di Faido era stato definito di livello 3-4 per pazienti Covid-19 positivi, quindi pazienti in fase sub-acuta da malattia da coronavirus. Ora si sta tornando all’organizzazione di prima con riabilitazione e medicina di base e da parte nostra, che da sempre ci battiamo per il suo mantenimento, possiamo contare sulla positiva esperienza fatta in un momento di estrema e forse eccezionale gravità ma che, nessuno ci può garantire, non potrebbe ripresentarsi. Per affrontare il Covid-19 abbiamo visto cardiologi, reumatologi, chirurghi, specialisti vari e geriatri tutti a doversi riconvertire e ad operare come internisti generali e infettivologi a curare i pazienti. Un bel ripasso di medicina interna generale ! La medicina spinta nell’estrema specializzazione non salva vite. L’epidemia ha aiutato a capire che si devono avere strutture multiple, flessibili, polivalenti e rapidamente ri-convertibili nella loro funzione (che sia acuta, riabilitativa o palliativa). Vale anche per i medici e gli infermieri (anestesisti che sono andati in cure intense, ecc.). Non c’è spazio per un enorme, unico, mastodontico, super-specialistico, esclusivo ospedale cantonale (per di più carissimo). Gli economisti dicono che oltre i 400 letti le strutture ospedaliere anche senza pazienti (sic) lavorano al 100%! (ripiegate su sé stesse con un sacco di servizi, prestazioni, analisi inutili e costosi). La medicina deve essere a largo spettro e di prossimità, manteniamo quindi anche i piccoli ospedali decentrati. Lo stesso vale per la formazione di operatori e operatrici sanitari per delle cure di prossimità.
Abbiamo avuto una lezione di umiltà da una “neanche bestiolina” chiamata SARS-cov-2 . Sarà indispensabile che se ne tenga conto fra poco quando si riparlerà di pianificazione ospedaliera e anche della nostra iniziativa tutt’ora sul tavolo del Consiglio di Stato.

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Un applauso al personale sanitario…e qualche fischio a chi ha lavorato per smantellare le strutture sanitarie

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Cari amici , care amiche degli ospdali di valle,
si scrivono, si dicono, si leggono, si sentono tante cose nel quadro della grave situazione creata del Coronavirus. Ci guardiamo bene dal voler inserirci in questa valanga di informazioni, non ne abbiamo certamente la competenza. Ci sembra però interessante pubblicare un commento tratto dal bollettino quotidiano redatto con molta perizia dal MPS, perché tocca direttamente il nostro campo di interessi e di attività.
Auguro a tutte e tutti di trascorrere giornate tranquille, rispettando le consegne di “restare a casa” , e mando un messaggio di sostegno e un grande grazie a tutte le persone che lavorano sul fronte sanitario.

Tiziana Mona
Presidente Ass.per gli ospedali di valle

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Un applauso al personale sanitario… e qualche fischio a chi ha lavorato per smantellare le strutture sanitarie

Abbiamo condiviso l’applauso per il personale sanitario che in queste settimana sta facendo veri e propri miracoli. Li abbiamo applauditi e continueremo a farlo.
Ma, di loro e delle condizioni nelle quali lavorano, dobbiamo ricordarcene sempre, non solo quando abbiamo bisogno di loro.
Ed è proprio quello che questo governo e la maggioranza politica che lo sostiene non hanno fatto negli ultimi anni.
Non lo hanno fatto quando, sistematicamente, hanno lavorato per limitare la massimo gli effettivi nelle strutture sanitarie, spingendo la gente a trovare soluzioni individuali di fronte ad uno stress sempre maggiore (infatti sono molti i dipendenti del settore che scelgono di lavorare a tempo parziale).
Non lo hanno fatto quando hanno praticato una politica sistematica di smantellamento delle strutture sanitarie. Negli ultimi anni abbiamo vissuto, a più riprese, votazioni e dibattiti perché il governo e i suoi hanno avanzato proposte e progetti di riorganizzazione, ristrutturazione e smantellamento della sanità pubblica.

In questo momento di sovraffollamento delle strutture sanitarie rimpiangiamo quelle diverse centinaia di posti letto (251 per l’esattezza pari al 18% dei posti letto acuti) che la pianificazione ospedaliera, proposta unanimemente dal governo e votata dai maggiori partiti, ha soppresso nel 2015 (cinque anni fa, non cinquanta!).
Interi ospedali come Acquarossa e Faido sono stati di fatto cancellati come ospedali, mantenendo delle strutture minime destinate, attraverso un continuo lavoro ai fianchi, a gettare la spugna e ad essere chiuse come ospedali.
Tutto questo in nome delle esigenze di redditività, di una presunta concentrazione e ottimizzazione delle risorse, di fatto di una diminuzione dei fondi assegnanti alle strutture sanitarie pubbliche.
Assemblea 2018docx (1)-convertedPerché i tagli non si sono limitati a questo. A partire dal 2014 il Consiglio di Stato, con il sostegno della maggioranza del Gran Consiglio ha, dapprima dimezzato, e successivamente azzerato il contributo annuale di circa 6 milioni di franchi che veniva versato all’EOC per la copertura dei costi notturni dei Pronto Soccorsi (del deficit). Tale scellerata scelta politica era anch’essa figlia della volontà di ridurre i costi della sanità. Nella realtà ha contribuito a ridurre le capacità d’intervento dei nostri Pronto Soccorso che tutti hanno potuto constare negli ultimi anni.

Bellinzona, 21 marzo 2020

Reparti AMI: Revocare con effetto immediato la fatturazione ai degenti della partecipazione di 30 franchi giornalieri

13 marzo 2019

MOZIONE di Matteo Pronzini

La lettura della sentenza del TAF dello scorso 25 febbraio 2019 boccia senza possibilità d’appello l’intervento politico in ambito ospedaliero da parte del CdS. Una bocciatura che va al di là della pianificazione ospedaliera abbracciando anche la passività e l’assenza dei controlli.

Durante tutta la discussione parlamentare sulla pianificazione ospedaliera il Consiglio di Stato ha fatto proprio e difeso fino all’inverosimile, solo contro tutti, la posizione delle casse malati secondo cui i famosi reparti AMI dovevano essere parificati alle case di cure (case anziani) e non agli istituti somatico-acuti. In termini tecnici capoverso 3 (case di cure) e non capoverso 1 (istituti somatici-acuti) dell’articolo 39 della LaMal.

Questa intransigenza del CdS nel voler considerare i reparti AMI come delle case anziani si spinse oltre il buon senso. A poche ore dal dibattito parlamentare il direttore della divisione salute del DSS, Paolo Bianchi, “passò” a tre deputati, il leghista Michele Foletti, il liberale Nicola Pini ed il pipidino Lorenzo Jelmini un emendamento sul tema. Anche grazie al voltafaccia del gruppo leghista, incitato da Paolo Sanvido che poche settimane prima era stato nominato nel consiglio d’amministrazione dell’EOC, e dall’astensione del relatore di maggioranza, illiberale Bixio Caprara, il Parlamento si piego alla volontà del Consiglio di Stato. Imponendo tra le altre cose una partecipazione di 30 franchi al giorno ai degenti nelle strutture AMI.

Un brutto pasticcio causato da un mix di incompetenza, subordinazione alle casse malati, arroganza che il TAF nella sua sentenza così definisce: “questo Tribunale ritiene, come rilevato dall’UFAS, che l’autorità cantonale incorre in un amalgama, per quanto attiene alla determinazione del fabbisogno dei reparti acuti a minor intensità (ma anche dal profilo della fatturazione), di elementi relativi agli istituti somatico-acuti con questi della case di cura… è chiaro che la forma ibrida che costituiscono i reparti acuti di minor intensità come prevista dalla legislazione cantonale viola il diritto federale.

Alla luce di queste considerazioni con la presente mozione chiedo che il Consiglio di Stato intervenga nei confronti di tutti gli operatori affinché si revochi con effetto immediato la fatturazione ai degenti nelle strutture AMI della partecipazione giornaliera di 30 franchi.

Matteo Pronzini, MPS, 13 marzo 2019